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L’emergenza in atto legata alla diffusione del coronavirus ha avuto degli effetti drammatici anche sul mercato dell’auto in Italia.

A fare un primo bilancio e a tirare le fila di una situazione abbastanza critica, è stato Michele Crisci, presidente di UNRAE, l’associazione che rappresenta le case costruttrici straniere. “Già nei primi due mesi del 2020 – ha dichiarato Crisci – stavamo vivendo una sofferenza evidente, con un -7,3% nelle immatricolazioni e addirittura un -16,3% sul canale privati.” UNRAE proietta per il numero di marzo un calo delle vendite dell’85,6%. Anche in Italia, come in Cina, quindi, c’è stato un crollo del mercato dell’auto a causa del lockdown. Nella consapevolezza che tutti i settori si trovano in una situazione di grande difficoltà, Crisci si chiede se questo è il momento giusto per rappresentare ai policy maker le istanze dei costruttori. Diventa una necessità fondamentale e primaria, spiega Crisci, quella di proteggere questo settore con un approccio strategico, tenendo presente che in questo momento qualsiasi attività non ha più alcuna liquidità in entrata, mentre restano invariati i costi, le scadenze, i pagamenti ai fornitori.

Resta da capire quanto durerà questa situazione critica che rischia di minare la sopravvivenza di un comparto centrale per l’economia, l’occupazione e il bilancio italiani (la distribuzione rappresenta infatti il 10% del Pil). Crisci ha ipotizzato uno scenario più positivo possibile che prevede la chiusura delle attività fino a tutto maggio, per poi avere una riapertura a giugno, con un mercato che recupera gradualmente nella seconda metà dell’anno. Se così accadrà, il mercato 2020 si chiuderà a 1,31 milioni di auto, ritornando alla crisi di 10-12 anni fa. Uno scenario peggiore, invece, potrebbe prevedere la chiusura fino a luglio, con una ripartenza vera a settembre e una recessione generale più lunga: questo porterebbe a un consuntivo di 1 milione di auto nuove a fine anno. Con l’attuale decreto in vigore, la chiusura è stata prolungata al 13 aprile.

UNRAE ha preparato una piattaforma di richieste al governo, spiega Crisci, per garantire la tutela della stabilità occupazionale, la protezione dell’industria e del suo indotto, la difesa della continuità dei servizi pubblici essenziali, la riduzione dell’impatto ambientale con un occhio alla sicurezza e infine il ritorno economico per l’erario. Per quanto riguarda le soluzioni, si punta tanto alla semplicità, quanto all’efficacia. “In primo luogo, – spiega Crisci – riteniamo necessario rimodulare la disciplina dell’ecobonus, introducendo una terza fascia 61-95 g/km della CO2 per allargare il beneficio a una platea molto più ampia di modelli e quindi di consumatori. Continuare ad avere gli incentivi per il 2% serve a poco. A questo si deve aggiungere un aumento degli importi per la seconda fascia di emissioni e, inevitabilmente, della disponibilità dei fondi. L’altra necessità urgente è quella di riallineare la fiscalità rispetto agli altri mercati europei nel campo delle auto aziendali: ciò significa l’aumento del tetto della deducibilità a 50 mila euro, della quota ammortizzabile al 100% e della detraibilità Iva sempre al 100%”.

Crisci, insieme a tutti i CEO delle altre case automobilistiche, ha inoltre ricordato come nella distribuzione lavorino circa 150 mila persone sottolineando l’importanza della vendita e della distribuzione, che è un anello fondamentale della filiera. Si rivela essere, quindi, necessaria la consapevolezza del governo che gli strumenti di sostegno finanziario sono vitali in questo momento, ma saranno altrettanto importanti azioni per spingere i consumi in vista di una futura ripartenza.